La figura di Ulisse e' il simbolo della ricerca del sapere, di colui che instancabilmente cerca nuove strade e sposta in continuazione i traguardi di quel suo inarrestabile viaggio verso cio' che e' ancora sconosciuto.
Quante volte, nella nostra vita, ci capita di imbatterci in questa metafora? Tante volte non facciamo caso a quanto Dante sia attuale nel corso del 2000, abbiamo gli occhi chiusi partendo dal presupposto che è vissuto nel 1300 dove usi e costumi erano ben diversi dai giorni nostri.
Un uomo del Medioevo dove il suo pensiero è legato alla realtà del tempo.
Ma perchè non proviamo a pensare in modo diverso?
Mettiamo il caso di incontrare una persona la mattina e che con ironia ci prevede qualcosa che può accadere e che riguarda la serenità dell'uomo... un profeta di strada sconosciuto, dove senza ferirti ti fa rinsavire su alcune idee.
Cosa si smuove nella testa di una persona quando ci accade questo?
Per l'uomo medievale era fondamentale stabilire il valore positivo o negativo della conoscenza, dove la sapienza non era sempre considerato positiva, ma occorreva distinguere tra vera sapienza (se questa era rivolta a Dio) e vana sapienza (se questa invece aveva come fine le cose terrene, ed era quindi considerata come stoltezza e superbia).
Per l'uomo attuale vivere questo pensiero è assurdo. Nullo, nel cuore e nella mente. Riconoscere il positivo e il negativo nella vita è vano, senza importanza. Si è solo bravi a fare le differenze tra noi e gli altri, ma non si ha voglia di lavorare dentro per migliorarci.
Dante l'aveva capito subito.
Non è giusto vivere di quel che si conosce, non si può dire d’aver vissuto se la vita non è stata punteggiata di insegnamenti, di “canoscenza”, appunto.
Non c’è nulla di più bello che inseguire un sogno e farlo proprio.
La frase detta da Ulisse ai suoi compagni fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza, nonostante sia un desiderio di perfezione umana e' vista da Dante come un consiglio fraudolento, in quanto la virtu' e la conoscenza puo' esercitarsi solo nell'osservanzione delle leggi divine e nel riconoscimento dei limiti posti alla conoscenza umana.
Dante condanna Ulisse all'Inferno collocandolo nell'ottava bolgia, tra i consiglieri fraudolenti, pur riconoscendogli una certa comprensione umana per quanto di grandioso possa esserci nell'impresa di Ulisse.
L'Ulisse di Dante e' desideroso di sperimentare nuove esperienze e conoscenze e non teme, pur di viverle, di affrontare qualsiasi pericolo.
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